Pocket Quest è il titolo che nessuno mai si aspetterebbe di vedere.
Perché diciamo questo?
Prima di tutto perché si tratta di un titolo completamente gratuito e che potrete trovare a questo link, il secondo motivo è che è stato sviluppato interamente da un ragazzo italiano, Loriano Gori, il quale ci ha lavorato per ben 7 anni e l’ultimo motivo è che, nonostante tutto, è così originale e divertente da spingere l’utente quasi a voler vedere il titolo su uno store e supportare lo sviluppatore.
Pocket Quest è un incrocio fra un JRPG e… Mario Party, quindi prende sostanzialmente il gameplay di quest’ultimo unito però a tutte le meccaniche che fanno un JRPG tale.
Impersoneremo Nono, una tenera fanciulla che, come vuole la tradizione, indossa solo abiti succinti e parecchio corti. Diciamo che è proprio nuda.
Nono vuole diventare una grandissima eroina per via della fama e della ricchezza che deriva da questa professione quindi decide di incamminarsi verso il castello per salvare il regno da un terribile male.
Sul suo percorso incontra Uzu, una lumaca con il sogno di viaggiare che ci accompagnerà per tutta la nostra avventura dispensandoci consigli e aiutandoci nella nostra missione.
Nono, come si può immaginare, non brilla certo per il suo intelletto, anzi… La definiremo proprio un’ingenuotta qualunque che vuole intraprendere un percorso più grande di lei all’interno di un mondo irto di pericoli che lei, chiaramente, non è pronta ad affrontare.
Tutto ciò lo si evince dalla sua mimica facciale, dai suoi movimenti impacciati e dalla sua enorme ignoranza riguardo tutto ciò che la circonda.
Senza Uzu al nostro fianco non saremo potuti sopravvivere nemmeno per un secondo… Nemmeno all’interno della città.
Nono può partire con una storia alle spalle, scegliendo quindi un suo particolare passato che le conferirà questo o quel bonus all’interno dell’avventura (partire con più monete o con statistiche maggiori ad esempio) oppure essere una persona qualunque e iniziare senza bonus il proprio viaggio.
Perfettamente in stile con il gioco di ruolo sarà il giocatore a scegliere quindi il passato del proprio personaggio anche se, dopo aver fatto una prova con un po’ tutte le “classi” disponibili, da buon esperti di giochi di ruolo, abbiamo optato per la scelta più “complessa” in modo tale da effettuare una crescita del personaggio personalizzata e più adatta alle nostre esigenze.
Dopo aver letto un tutorial particolarmente lungo e, purtroppo, solo testuale siamo pronti per immergerci all’interno del mondo di Pocket Quest.
Il gameplay del titolo, si diceva, deriva direttamente da Mario Party quindi avremo a disposizione un tabellone con varie caselle e un dado con il quale muoverci, nella doppia direzione, all’interno del mondo di gioco.
Perché potersi muovere anche all’indietro?
Perché alla fine di ogni tabellone va affrontato un boss ma solo dopo aver raggiunto un livello X all’interno del tabellone corrente, ucciso il boss è possibile andare su quello successivo e così via.
Ogni casella rappresenta una location particolare, come la taverna o il negozio, oppure o un combattimento o una casella trappola o una casella su cui dialogare con vari personaggi.
Superato lo smarrimento iniziale per questa forma anomala di esplorazione di un mondo di gioco all’interno di un JRPG non resta che il classico, classicissimo, sistema tanto caro a questo genere quindi level-up, distribuzione di punti nelle varie statistiche e la gestione dell’equipaggiamento della nostra eroina in modo tale da aumentarne la resistenza agli elementi, la vita, l’attacco eccetera.
Le battaglie, come vuole la tradizione, si svolgono a turni in ognuno dei quali si può attaccare, usare l’oggetto o fuggire, azione che ci consentirà di ritornare alla Locanda.
A volte possono arrivare sul tabellone elementi di disturbo come può essere Lily, una diavoletta parecchio fastidiosa che ci presenterà la Roulette del Chaos che inserirà elementi di disturbo all’interno del tabellone come il prendere danno ogni volta che andiamo su una casella successiva..
Tecnicamente il titolo presenta i suoi maggiori difetti: graficamente, nonostante tutti gli elementi grafici non siano originali ma ripresi qua e la nel mondo del retrogaming, non riesce a colpire.
Le animazioni sembrano forzate (seppur molto pucciose per quel che riguarda Nono) e il feeling generale dell’ambiente di gioco non è dei migliori, vuoi per i colori troppo accesi, vuoi per un ambiente non troppo pulito e poco dettagliato, insomma graficamente Pocket Quest non ci ha colpito per nulla.
Il sonoro risulta parecchio fastidioso tanto da averci costretto a disattivare la musica di gioco per via del bilanciamento scorretto di musica ed effetti, senza contare il fatto che le tracce audio del titolo non sono molto piacevoli da ascoltare.
Con un comparto tecnico del genere come fa quindi Pocket Quest a piacere?
Non lo sappiamo… Eppure dopo i primi minuti di gioco risulta quasi difficile staccarsene proprio perché il gameplay è molto ben studiato e i dialoghi sono fin troppo divertenti.
Già, abbiamo tralasciato fin ora l’aspetto principale di Pocket Quest: i dialoghi e le citazioni.
Data la natura ingenua e stupidotta di Nono non c’è da meravigliarsi se ci si trova dinnanzi ad un titolo ricco di dialoghi ridicoli e situazioni decisamente sopra le righe.
Nono è la chiave di volta di Pocket Quest: senza questo personaggio il titolo, probabilmente, sarebbe finito nel nostro dimenticatoio invece la caratterizzazione e la forza della protagonista riescono a tenere in piedi un titolo parecchio fragile.
La sola animazione del lancio del dado, o il vederla arrabbiata con Uzu, o il suo lamentarsi di questa o quella cosa o il suo semplice dimenarsi nel vano tentativo di riuscire ad apparire più forte quando, di fatto, non lo è sono tutte piccolezze che rendono Nono un personaggio fantastico sotto ogni punto di vista.
Le iterazioni con ogni altro elemento del gioco, che siano NPC o nemici, è esilarante e riuscirà a strapparvi qualche risata durante le ore di gioco.
Aggiungiamo poi che il titolo è ricco di citazioni (come possono essere gli occhiali di Kamina da Gurren Lagann) tutte ben studiate e in linea con l’atmosfera e otteniamo un gioco che, nonostante l’enorme difetto tecnico, riesce nel suo intento principale: divertire.