Scrivere questa recensione è per me molto difficile.
Non solo perchè Metal Gear Solid V: The Phantom Pain conclude una delle serie videoludiche con cui io e molti altri giocatori siamo cresciuti, ma anche perché ci troviamo davanti a una delle opere migliori, se non la migliore, uscite in questa nuova generazione videoludica.
Un’opera vasta, immensa, con la quale Kojima ha voluto salutare i suoi fan e la storia con cui ha dato inizio nel lontano 1992 con Metal Gear Solid, chiudendo il ciclo e mettendo la parola fine alle vicende di Big Boss.
Nonostante quindi Metal Gear Solid V: The Phantom Pain ponga fine alla serie, il gioco riesce in un obbiettivo che molti pochi altri titoli finali sono riusciti a fare: rinnovare ed evolvere il gameplay della saga: Metal Gear V infatti è, probabilmente, il miglior titolo della serie, grazie all’approccio innovativo nel gameplay che fuoriesce dagli schemi a cui i giocatori erano abituati.
Come è riuscito Kojima a rinnovarsi ancora senza abbandonare la qualità che contraddistingue ogni sua opera?
Continua nella parte 2 di 2