Prima parte della recensione di Uncharted: The Nathan Drake Collection.
Trama generale
Per ogni stregato tesoro sepolto in fondo all’oceano o celato tra le sabbie del deserto, ci saranno sempre un ambizioso esploratore sulla via per raggiungerlo e, a tallonarlo, un “supercattivo” senza scrupoli pronto ad impadronirsene con tutti i mezzi a propria disposizione per i suoi loschi scopi.
Un concetto, a onor del vero, un po’ ridondante, quello trasmessoci da Uncharted nel corso degli anni: ma vagliare il passato con il senno di poi conduce quasi sempre a mezze verità, mentre è indispensabile che il nostro sia un giudizio quanto più oggettivo possibile.
Per questa ragione, è opportuno considerare il titolo -o meglio, i titoli- sia tenendo conto degli anni di “anzianità” che si portano dietro, sia cercando di ricordare cosa ci avesse quasi fatto gridare al miracolo quando la serie venne proposta al pubblico per la prima volta.
La storyline generale della trilogia non presenta, come accennato prima, sostanziali cambiamenti tra i vari “episodi” e, dunque, il punto di forza della serie non risiede certamente nella varietà della sua trama che, sebbene coerente nello sviluppo con le proprietà caratteriali dei personaggi e con le loro scelte, tende a rivelarsi quasi ripetitiva durante un’eventuale “maratona non-stop” di Uncharted (situazione sperimentata in prima persona).
Ciò che invece colpisce paurosamente anche a distanza di anni è la modalità scelta per raccontarla, la trama: sequenze cinematografiche con inquadrature degne dei migliori colossal hollywoodiani, dialoghi sempre brillanti ed espressioni condite da una punta di piccante ironia che mai scade nel volgare.
Tutto questo viene particolarmente enfatizzato a partire dal secondo capitolo (“Uncharted: il covo dei ladri”), nel quale comincia a trasparire l’esperienza maturata negli anni dagli sceneggiatori -si perdoni il termine prettamente “filmico”-, per poi giungere a compimento nella terza, spettacolare avventura. (“Uncharted: l’inganno di Drake”)
Un gameplay bilanciato
Qualcosa, ben 8 anni fa, suscitò lo scalpore di quella fetta di pubblico che si ritrovò tra i pollici “Uncharted: Drake’s fortune” e, se dovessimo effettuare una scommessa riguardo cosa fosse, punteremmo probabilmente tutto sulla sua perfetta commistione tra generi sparatutto e platform.
Non ci verrà mai comunicato esplicitamente il momento in cui finisce uno o comincia l’altro, ma la natura bilanciata del gioco farà sempre in modo che vengano entrambi somministrati al giocatore goccia dopo goccia, senza mai rendere interminabile e frustrante una determinata sparatoria oppure eccessivamente dispersiva una delle tante fasi di esplorazione.
Le sequenze di gioco risultano particolarmente dinamiche grazie al reattivo sistema di controllo che ben si sposa con l’impostazione in terza persona, marchio della serie.
In generale, la struttura del nostro viaggio sarà improntata sulla ricostruzione di vicende passate (spesso le memorie di un famoso esploratore, oppure antiche profezie sull’orlo del compimento) che sarà possibile attuare risolvendo determinati enigmi e procedendo con la trama.
Parlando di enigmi, è importante evidenziare che sebbene il loro livello di difficoltà non sarà mai spropositato, essi richiederanno comunque il giusto approccio e un po’ di pazienza per la corretta risoluzione: un altro elemento, dunque, ben bilanciato all’interno del titolo. Esattamente come bilanciata sarà la difficoltà (perlomeno a livello “normale”) dell’avventura.
Particolare attenzione è stata poi posta nella cura per i dettagli: che si tratti del diario di viaggio di Drake nel quale compariranno, di volta in volta, informazioni aggiornate relative alle scoperte da noi compiute; o che si tratti semplicemente di ideare ed applicare una simbologia credibile alle varie sequenze di gioco (simboli, ad esempio, apposti sulle facciate dei templi o su antichi manufatti), Naughty Dog ha sempre dato prova di possedere un’innegabile accortezza verso la coerenza e la fedeltà visiva.
Unico rammarico: l’assenza della modalità multigiocatore, presente invece nelle precedenti edizioni del secondo e terzo capitolo. Per quanto non ricoprisse un ruolo predominante all’interno del gioco, si rivelava pur sempre un ottimo passatempo con cui divertirsi in compagnia.
Grafica/audio
È bene ricordare che quella presa oggi in esame è una Collection: dunque sarà necessario focalizzare la nostra attenzione prevalentemente sui miglioramenti eseguiti, dal punto di vista grafico, rispetto alla versione uscita su old gen anni or sono (e non valutare il comparto grafico “in valore assoluto”).
Precisiamo una cosa: il peso degli anni, il più delle volte, non fatica a farsi sentire; il numero di poligoni delle ambientazioni di gioco è rimasto invariato e questo, specialmente nel primo capitolo, tende a conferire ai paesaggi una certa “piattezza”.
Le penalizzazioni riguardanti la minore potenza di calcolo delle console della scorsa generazione riguardano spesso anche la scarsa densità di elementi come la vegetazione, o la quasi assente distruttibilità ambientale (caratteristica realizzabile anche ai tempi di PS3, basti pensare a titoli come Battlefield).
Ma al netto di queste “lacune” che, certamente, non dipendevano dalla volontà degli sviluppatori, il comparto tecnico presenta notevoli miglioramenti per quanto concerne la fluidità d’immagine, che ora si attesta sui 60fps fissi, e la risoluzione generale, portata adesso a 1080p.
Anche le texture sono state arricchite di particolari e, a dirla tutta, alcuni precisi istanti di gioco sembrano quasi estratti da un titolo nativo per PS4
Discorso alternativo va invece affrontato per quello che riguarda il comparto sonoro: trattandosi infatti di una Collection, è naturale che sia proprio questo l’elemento meno “intaccato” (sia in senso positivo che negativo) dai cambiamenti; appositamente per questa ragione terremo conto delle qualità sonore del titolo in generale, senza considerare eventuali modifiche apportate dalla sua riedizione.
Senza paura di sbilanciarci affermandolo.. Le musiche, gli effetti e i dialoghi (soprattutto in lingua originale), sono semplicemente inarrivabili.
Quella messa a punto dal team Naughty Dog nella gestione sonora è pressoché un’arte, e dovrebbe essere riconosciuto universalmente.
Tirando le somme:
Senza dubbio, quella di Uncharted è una delle trilogie più illustri ed apprezzate della precedente generazione videoludica, e la Collection attualmente sul mercato rappresenta un’opportunità imperdibile per chi non avesse mai, sciaguratamente, giocato con mano nessuno dei tre capitoli che la compongono.
In realtà, l’acquisto di questa raccolta è consigliato anche a chi li avesse giocati, quei capitoli.
Perché diciamocelo: che voi siate dei novizi della serie, o i più accaniti fan sulla faccia della terra, la saga di Uncharted, con i suoi momenti pregni di enfasi e tensione, saprà regalarvi un’esperienza che difficilmente riuscirete a dimenticare.