Benvenuti cari lettori di ST Games al 3º appuntamento con PsychoGames, la nostra rubrica dedicata alla psicologia nei videogiochi.
Applicare uno studio psicologico ai videogiochi significa analizzare il comportamento, la mentalità e il carattere dei personaggi che fanno parte di un videogioco attraverso le loro scelte morali o ciò che li spinge a compiere certe azioni. Tratteremo di tutto ciò in maniera approfondita e non perderemo occasione di dilungarci anche su aspetti più o meno secondari di ogni titolo trattato. Presenteremo una breve analisi psicologica di un personaggio diverso ogni volta.
Oggi parleremo del nostro alter ego in Fallout per i capitoli della serie prodotti e sviluppati da Bethesda.
Il Catastrofismo
Non parlerò in questa sede del catastrofismo teorizzato dal naturalista francese Georges Cuvier, ma di qualcos’altro. Qualcosa che deve essere successa un po’ a tutti nella vita. Sapete, quando sono annoiato mi capita, specialmente nei mezzi pubblici o in spazi chiusi, di immaginare che tutto vada in frantumi. Improvvisamente una pioggia di meteore, come quelle che fuoriescono dal cratere di Yellowstone nel film “2012“, distrugge ogni cosa. Le persone intorno a me impazziscono e si mordono a vicenda come cannibali, si strappano le viscere a morsi e le mandano giù come acqua. Gli animali domestici da calmi e docili che erano, diventano aggressivi, come colpiti da un improvviso attacco di rabbia e iniziano ad attaccare i loro padroni. Le auto esplose, gli edifici crollati, i ponti distrutti, tutto inizia a venir giù e io divento, con mio grande stupore, il capo dell’ultimo gruppo di sopravvissuti rimasti.
Ogni cosa finita sotto i miei occhi, diventa cenere fumante nella mia testa. In fin dei conti, i miei sono solo momenti di noia che mettono in risalto una fervida immaginazione. Trovo che alcune delle mie pensate siano piuttosto originali, un giorno potrei sceglierne qualcuna e mettere su una piccola storia drammatica. Definirmi catastrofista però, ritengo sia improprio. Il catastrofista è colui che percepisce il mondo che ci circonda e i fatti che accadono in una prospettiva irrazionale e tende ad ingrandire gli stessi e le loro conseguenze così da immaginare possibili disastri. È quindi una forma di stress, di paura e di ansia molto avanzata di cui io non soffro. Ma noi non ci soffermeremo sull’aspetto psicologico e monomaniaco del termine, andremo oltre.
Siamo stati influenzati dal cinema, dai libri e dalle serie tv nel creare le nostre immagini mentali, belle o brutte che siano. Appositamente ho fatto un esempio che rimanda ad una pellicola cinematografica. Pur di sviare dalla monotonia di questa vita saremmo disposti ad affrontare un invasione zombi o l’apocalisse. Siamo così catastrofici perché pensiamo di sapere che cose simili non possono accadere. Solo per la curiosità di sapere come aggiremmo o come ci comporteremmo se tutto ciò fosse reale, siamo disposti a lasciarci andare in queste contorte fantasie. Non solo i media, ma anche i videogiochi hanno provato a mettere in scena queste catastrofiche idee. Molti sono stati i titoli ad avere affrontato questa difficile strada ed in pochi sono riusciti a dare un forte senso di immedesimazione al giocatore, uno di questi è Fallout.
Il nostro destino dipende dal nostro comportamento
Fallout è un gioco che esprime bene il messaggio dell’introduzione, perché mette in scena una catastrofe che poi lascia vivere al giocatore come meglio preferisce. È proprio la libertà di scelta a concedere un ampio margine di possibilità da sfruttare. Tali possibilità sono un tentativo di applicare nel gioco le fantasie di cui abbiamo parlato prima. Il giocatore diventa artefice del suo futuro, può creare un suo percorso all’interno di un mondo devastato e tagliare il traguardo come crede. La capacità di poter scegliere ci rende liberi.
Far sorgere insediamenti nello scenario e tenere le redini della storia, principale e non, consegna metaforicamente in mano al giocatore le chiavi per “essere padrone del proprio destino“. Prendere le veci di un capo e fare la propria strada verso il successo, rende il giocatore forte e indipendente. È una sensazione che trasmette vigore all’essere umano che sentendo di non dipendere più da nessuno, crede di poter fare tutto. Come disse Anthony Robbins, attore, saggista e life coach statunitense:
Il nostro destino viene formato dai nostri pensieri e dalle nostre azioni. Non possiamo cambiare il vento ma possiamo orientare le vele.
Adoro Fallout anche perché riesce a dare grande importanza al linguaggio, saperlo usare bene è utile per rendere il dialogo convincente al fine di creare la nostra storia, proprio come nella vita vera. Senza dialogo e comunicazione nulla di tutto quello che ci circonda esisterebbe, la società, la cultura, ogni cosa si basa sul linguaggio. Gli uomini creano i significati e la cultura in cui vivono proprio attraverso la comunicazione.
Angoscia e solitudine
Credo che Fallout mi abbia affascinato proprio per l’alone di “immedesimazione” che mi ha accompagnato fin dal menù principale. Il nostro alter ego è un personaggio che ha una base di partenza realistica, a differenza di Sackboy. Il livello di personalizzazione tuttavia, resta altissimo e permette di creare soggetti praticamente identici a noi. Questa possibilità accentua la grande immersione nell’ambiente di gioco, dato che siamo noi in tutto e per tutto a giocare le nostre macabre fantasie. Siamo così assuefatti dal mondo creato da Bethesda, così reale e ben fatto, che lo percepiamo uguale al nostro e come ciò che potrebbe diventare.
Il nostro alter ego digitale è dotato di voce e una volta uscito dal Vault commenta la desolazione del mondo post apocalittico riflettendo sulle differenze tra questo e il mondo di 200 anni prima. Soffermiamoci sulla tripartizione tra sicurezza, libertà e verità, una delle prime considerazioni che un giocatore si trova a fare quando apre la porta del Vault è se considerarlo una prigione o un rifugio. La società Vault Tech, infatti, dovrebbe salvaguardare la vita umana, ma in segreto conduce esperimenti sugli effetti dell’ibernazione sull’uomo, ovviamente sui malcapitati inquilini appositamente ingannati. Ci sentiamo spiazzati, perché ci rendiamo conto di essere stati presi in giro da coloro che in realtà avrebbero dovuto proteggerci e questo alimenta la nostra inquietudine. Per di più i capi della Vault-Tec, un tempo nostri alleati, ci hanno traditi ed è difficile superare un tradimento, specialmente da qualcuno che pensavamo volesse aiutarci.
Fallout è uno dei miei giochi preferiti perché riesce a trasmettere tanta angoscia grazie a pochi, ma splendidi elementi. Immaginate di rimanere soli, senza avere più nulla e di dover lottare per sopravvivere in un mondo devastato dalle radiazioni. “Angoscia” è l’unico termine che mi viene in mente per descrivere il vostro stato d’animo. L’incapacità di poter affrontare il pericolo genera stress, perché non abbiamo in pugno la situazione. Dobbiamo evolverci per adattarci al nuovo mondo in cui ormai siamo costretti a sopravvivere. Il concetto di evoluzione è radicato nell’uomo, ci evolviamo ogni giorno per affrontare pericoli sempre nuovi, così impariamo a vivere.
Tra passato, presente e futuro
Vedete cari lettori, la mia scelta di prendere in riferimento Fallout 4 è dovuta al fatto che è un titolo adatto per parlare di passato, presente e futuro. Ci svegliamo dopo 200 anni di “criosonno” e il mondo è diverso da come l’avevamo lasciato, nostro figlio è sparito, il nostro coniuge è morto e tutto è ridotto in cenere. Non è la stessa cosa di veder perdere tutto, è 100 volte peggio. La sensazione di dolore è maggiore perché non sappiamo cosa sia successo ai nostri cari. Ciò è più doloroso di sapere con certezza della loro presunta morte, perché la speranza che siano ancora vivi genera angoscia se non si sa dove iniziare. Il fatto di sapere che essi siano morti, anche in circostanze sconosciute, è un male minore perché ci porta ad accettare la difficile situazione col tempo. Paulo Coelho diceva:
Aspettare è doloroso. Dimenticare è doloroso.
Ma non sapere quale decisione prendere è la peggiore delle sofferenze.
Inconsapevoli se i nostri cari siano morti o meno, ciò che ci rimane di più prezioso sono i nostri ricordi. Rappresentano ciò con cui viviamo e soffriamo ogni giorno. È difficile affrontare il passato, perché materialmente non possiamo correggerlo. Non esistono macchine del tempo, perché concretamente il tempo non esiste, è una creazione dell’uomo per migliorare le nostre vite. Rendersi conto di come il passato sia lontano dal poter essere modificato è già un passo avanti. L’unico modo per sopravvivere è imparare dai nostri ricordi, convivere con essi così da applicare questi insegnamenti nel presente per creare un futuro migliore.
Sapete, non è facile parlare di Psicologia per un gioco come Fallout perché viene affrontato e percepito diversamente da ognuno di noi, per cui si possono desumere solo argomentazioni piuttosto generali. Ho scelto comunque di dedicare una parte di questa splendida rubrica a questo titolo altrettanto splendido, solo perché lo adoro veramente con tutto il cuore. Da vero amante del genere post apocalittico che sono, è nella top dei miei giochi preferiti e lì sarà per sempre.