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The Mean Greens: Plastic Warfare – Recensione (1 di 2)

The Mean Greens: Plastic Warfare – Recensione (1 di 2)

Iniziamo subito con dire che The Mean Greens: Plastic Warfare si è rivelato una piccola sorpresa nel panorama videoludico moderno poiché in mezzo ad una così grande quantità di sparatutto riuscire a distinguersi ed emergere dal mucchio non è un compito facile.

I ragazzi di Code HQ in qualche modo però ci sono riusciti utilizzando una formula piuttosto semplice: un comparto tecnico leggerissimo unito ad un gameplay non troppo elaborato ma allo stesso tempo leggero e divertente.

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Se prendiamo un Call of Duty qualsiasi e lo priviamo della visuale in prima persona, eliminiamo il “peso” delle classi dotando ogni giocatore di tutto l’arsenale disponibile, inseriamo il tutto all’interno di un mondo giocattolo e colorato ed ecco che abbiamo ottenuto un giochino simpatico adatto a chi non ha troppe pretese ma solo una gran voglia di divertirsi sforacchiando altri giocatori nel mondo.

Plastic Warfare è, in sintesi, questo: piccoli soldatini di plastica in un mondo coloratissimo che si sparano a vicenda.

E’ un po’ come rivivere le nostre grandi gesta di bambini che giocano alla guerra nella propria cameretta all’interno del nostro PC qualche anno più tardi, niente di più e niente di meno.

Il titolo, così come Micro Machine, vuole provare a far rivivere ai giocatori proprio quelle stesse sensazioni da cameretta e giocattolini di plastica simulando, invece che delle corse con macchinine radiocomandate, delle vere e proprie guerre in miniatura.

Ma non è tutto! In pieno stile “fantasia di un bimbetto” le regole di queste guerre sono piuttosto fantasiose integrandosi a pieno con l’ambiente e l’atmosfera che fanno da sfondo alle battaglie di questi piccoli plotoni di plastica.

Link alla parte 2

Lettore, scrittore, videogiocatore accanito...Vivo troppo nel passato videoludico per potermi godere a pieno il presente. Indie Game supporter. Poeta maledetto dalla nascita.