Quest’anno videoludico sta per giungere al termine e noi della redazione di STGames abbiamo avuto modo di giocare, e apprezzare, tantissimi titoli. Chiaramente non è stato un anno perfetto, ci sono stati alti e bassi ma ognuno di noi ha avuto modo di trovare la sua “anima gemella”. Così ecco i nostri titoli preferiti dell’anno passato descritti in poche righe e in maniera del tutto soggettiva, non sentitevi offesi se un titolo non è presente: in redazione non siamo tantissimi e questi sono i titoli che abbiamo più amato durante questo anno passato.
Pietro Fanti e The Binding of Isaac Rebirth: Afterbirth
Quando uscì Afterbirth, il DLC di The Binding of Isaac: Rebirth, quasi non ci feci caso: ne avevo sentito parlare anche prima dell’uscita, ma non mi interessai mai più di tanto, fino a che, qualche settimana dopo il Day-One, non mi ritrovai a giocarlo.
Quello che avevo davanti non era un DLC, era un gioco totalmente nuovo: nuove modalità, nuovi nemici, nuovi oggetti, nuove meccaniche, nuovi boss, nuovi personaggi… Tutto nuovo.
Certo, non avevo mai finito la versione base del gioco, né c’ero vicino, ma ero arrivato a quel punto in cui, bene o male, conoscevo tutti gli oggetti e tutte le meccaniche del gioco e quel processo di progressiva scoperta e sorpresa, a mio parere punto di forza del titolo, era scomparso o quasi.
Afterbirth però aveva cambiato tutto: c’era talmente tante cose da scoprire che mi ritrovai, e mi ritrovo tutt’ora, a fare run su run, una dopo l’altra e lentamente Afterbirth conquistò il mio cuore.
È difficile spiegare perché Afterbirth meriti di trovarsi in quest’articolo o provare ad elencare i suoi punti di forza, è semplicemente perfetto: gameplay, estetica, longevità, colonne sonore e lore si fondono alla perfezione sotto la guida esperta di quel pazzo di Edmund McMillen.
In definitiva sono più che sicuro che The Binding of Isaac: Afterbirth sia il “Gioco dell’anno” e che chiunque, che possegga o no la versione base del gioco, debba giocarlo.
Marco Brigato e The Witcher 3
Questo 2015 è stato un anno particolare per tutti gli appassionati di videogiochi: abbiamo assistito alla rinascita di brand storici come Metal Gear, siamo stati vittime dei flop colossali di Destiny e Star Wars Battlefront, e tra nuovi franchise, sequel e prequel, é uscito quello che secondo me è stato un capolavoro assoluto sotto tutti i punti di vista: The Witcher 3.
The Witcher 3 è stato praticamente l’unico titolo del 2015 che è riuscito a mantenere fede alle promesse degli sviluppatori e a non farsi cannibalizzare dal proprio hype: ogni aspetto del gioco è esattamente come lo volevano i fan, impreziosito di dettagli maniacali e gustosi. È molto difficile giocare The Witcher 3 e non rimanere a bocca aperta.
Il punto forte del titolo è sicuramente la trama, avvincente e verosimile fin dall’inizio, longeva quanto basta per raccontare una storia interessante e mai noiosa o banale. I plot twist non mancano, come i momenti di tensione e suspanse: di sicuro la miglior storia e la miglior narrazione che ho visto in un titolo uscito quest’anno.
Altro elemento di assoluta qualità è la grafica, che anche su console non fa minimamente rimpiangere di non avere un PC di fascia alta. Buone texture ed una pulizia visiva generale più che soddisfacente danno vita ad un mondo open world mozzafiato, pieno di ispirazione e di scorci di paesaggio vivi ed indimenticabili. L’unica pecca è il framerate leggermente ballerino, che è stato corretto attraverso varie patch ma che occasionalmente fa ancora qualche scherzo nelle situazioni più concitate.
Il cuore di ogni videogioco è il gameplay, ed anche sotto questo punto di vista The Witcher 3 non delude affatto: intelligente ed accattivante, vi metterà alla prova quasi constringendovi ad usare sempre un pizzico d’astuzia e di tattica, tra la preparazione di pozioni e la pianificazione degli scontri più difficili. Ottima l’impostazione da rpg, che vi permetterà di dosare a sufficienza i punti da spendere nelle varie abilità senza mai farvi diventare un dio sceso in terra, e mantenendo sempre alta l’asticella della difficoltà, soprattutto a livello Difficile.
Lodevole anche la politica perseguita da CD Project RED in merito ai DLC, con contenuti gratuiti rilasciati anche a mesi di distanza dall’uscita del titolo sugli scaffali dei negozi.
Salvatore Pilò e Duelyst
Il miglior titolo dell’anno scorso secondo me? Difficile a dirsi perché sono stati tanti i titoli che ho amato tanto durante l’anno passato e alla fine, dopo tante riflessioni ho ristretto la mia scelta a due titoli: Undertale e Duelyst. Per motivi logistici (e di spazio) posso parlarvi solo di uno dei due e, poiché di Undertale avete sicuramente sentito parlare poiché un titolo parecchio discusso, parlerò, in brevissimo, di Duelyst. Di cosa si tratta? Di un free to play ancora in beta e che fonde le meccaniche di Hearthstone con quelle di un gioco di strategia a turni. Ogni carta è un minion (o una magia) da posizione all’interno di una scacchiera all’interno della quale vanno postati di turno in turno come in un vero e proprio gioco di strategia turn by turn. Lo scopo è quello di uccidere il generale nemico sfruttando a pieno le potenzialità della propria fazione di gioco. Graficamente superbo (stile retrò), meccaniche interessanti e gameplay stimolante e complesso, Duelyst rappresenta un titolo completo che tutti gli amanti della strategia, e dei giochi di carte, dovrebbero giocare. Preferibile a tanti altri titoli del genere per via della poca influenza dell’RNG e per la complessità dei turni da compiere è, secondo me, uno dei migliori titoli usciti durante l’anno passato, forse quello che mi ha colpito maggiormente per tutto l’insieme.
In una parola? Stupefacente. Scaricatelo per una prova rapida: è gratis!
Fabio Luman E Metal Gear Solid V: The Phantom Pain
Metal Gear Solid V: The Phantom Pain verrà sicuramente ricordato come uno dei titoli più discussi di quest’anno. La faida interna fra Konami e Hideo Kojima ha, da una parte, fatto un’enorme pubblicità a un titolo giù atteso, ma dall’altra ha provocato probabilmente l’unico difetto che si può criticare al gioco.
Se mettiamo da parte tuttavia i vari tagli, i capitoli cancellati e la “Mission 51” rilasciata solo come filmato, ci troviamo di fronte a uno dei migliori gioco per questa generazione di console. Metal Gear Solid V può vantare una giocabilità incredibile, superiore a qualunque titolo uscito fin ad ora: la possibilità di approcciare qualunque missione nel modo che si preferisce e vedere il gioco adattarsi alle proprie scelte permette a ogni videogiocatore d’imprimere il proprio “marchio” nel gameplay, consentendogli di variare completamente lo stile di gioco di volta in volta. The Phantom Pain inoltre riesce, con la sua struttura open world, non solo a rinnovarsi completamente come capitolo della serie, ma a dare un enorme senso di soddisfazione al giocatore per la grande quantità di contenuti presenti al suo interno. Fra missioni secondarie, trofei, modalità on line, stemmi e gradi, il titolo offre centinaia e centinai di ore di gioco, senza riuscire ad annoiare.
E nonostante le critiche e i tagli visibili, Metal Gear Solid V può vantare comunque una ottima trama, solida, bella e con rimandi per i fan più accaniti della saga. Per il comparto tecnico invece possiamo tranquillamente dire che il Fox Engine se la cava egregiamente come motore grafico, nonostante la sua età, garantendo una fluidità su console sbalorditiva.
Insomma, nonostante potesse essere il gioco definitivo, per l’enorme quantità di contenuti che presenta The Phantom Pain metterà di sicuro, da ora in poi, uno standard per chi vorrà approcciarsi al mondo dello stealth e del gaming in generale.
Aurelio Paltrinieri e Life is Strange
Giocare Life is Strange è stata probabilmente l’esperienza più magica di quest’anno, e posso dire con certezza che sia uno dei titoli più belli della mia vita. Sono emotivo, mi capita spesso di commuovermi anche videogiocando, ma penso che solo in un paio di altre occasioni un titolo mi abbia scosso così tanto. Ovviamente trattandosi di un interactive drama la storia, la narrazione, la regia, le musiche e i personaggi sono tutto, e non lasciano spazio ad un vero e proprio gameplay. Un aspetto che ho apprezzato molto, e che potrebbe invece spiazzare altri giocatori, è stato l’inserimento di un sacco di personaggi secondari, quasi inutili ai fini narrativi, ma con i quali è possibile interagire, scoprendo che ognuno di essi ha un carattere particolare, determinate idee ed una storia alle spalle. Qualcuno potrebbe ignorare tutte queste conversazioni opzionali, ma nella mia esperienza hanno contribuito enormemente ad immergermi nella storia. Parlando della trama in sé per sé, che non voglio citare nulla esplicitamente perché è tutta da scoprire, semplicemente è una bomba. Ognuno dei cinque episodi di cui si compone Life is Strange mi ha fatto restare a bocca aperta, e ogni volta per motivi diversi. Le protagoniste sono caratterizzate in maniera perfetta, rappresentano due idee di adolescenti in crescita ben precise, con una visione della vita ancora ingenua e tutti i difetti del caso. Lo stesso dicasi per ciascuno degli altri personaggi, ma il rapporto tra Max e Chloe ha sicuramente il ruolo centrale. Anche il gameplay, funzionale al genere di gioco, riesce a stupire: il “superpotere” di Max è divertente da usare ed inserito nel modo giusto, lasciando al giocatore la possibilità di ponderare a lungo ogni scelta prima di decidere definitivamente cosa fare o cosa dire. Concludo elogiando le musiche e soprattutto la regia, in grado di trascinare anche emotivamente il giocatore, degna di un film da oscar, dieci gradini sopra capolavori di genere come Heavy Rain o The Walking Dead. Per il prezzo stracciato di 20€, consiglio vivamente a tutti gli amanti del genere, o della narrativa in generale, questa tragica ma bellissima storia di avventura, formazione e amicizia.